Incontri reali
da Masaccio a Pietro Longhi
 
HOME
  ANTONIO ALLEGRI detto il CORREGGIO (attribuito al)
 


Volto di Cristo
olio su tavola
18x24 cm
Fondazione Il Correggio

Il Correggio rappresentò il tema del volto di Cristo più volte, a cominciare dalle due opere giovanili Cristo giovane, in collezione privata, e Cristo giovane della National Gallery of Art di Washington. Nel terzo decennio del secolo eseguì l'Ecce Homo della National Gallery di Londra. Posteriore al 1530 è la Testa di Cristo del Paul Getty Museum di Los Angeles, che può essere stato eseguito per Veronica Gambara. E' questa una trattazione di Cristo più fredda e meno commovente dell'Ecce Homo e molto vicina al Volto di Cristo della Fondazione Il Correggio, che infatti viene considerata una variante. L'opera è pervenuta in cattive condizioni di conservazione per cui ,dopo il restauro, David Ekserdjian, nel suo ponderoso studio sul Correggio, la ritiene un'opera di problematico interesse.

Il primo a rintracciare l'opera, conservata in una raccolta privata inglese, fu Cecil Gould. Il Gould riteneva probabile l'autografia del dipinto. Il quadro, secondo il Riccòmini, per il quale "la tavoletta richiama subito alle labbra il nome del Correggio", denuncia "una recente adesione alla nuova classicità romana del Raffaello delle prime Stanze vaticane. E tuttavia il modello raffaellesco appare, qui, come destituito dalla sua certezza disegnativa, dalla sua impassibile perfezione. Il Correggio, infatti, non rinuncia a mantenere, entro il nuovo canone proporzionale, un vago sentore tra il patetico e il colloquiale, traccia della mai cessata ammirazione per Leonardo". Per queste caratteristiche stilistiche la datazione dovrebbe essere contemporanea a dipinti come Noli me tangere del Prado, collocato tra il 1520 e il 1524, siamo al tempo degli affreschi in San Giovanni.

top

ANTONIO ALLEGRI detto il CORREGGIO

Studio per il parapetto della cupola per la cattedrale di Parma
Sanguigna con quadrettatura a sanguigna, penna e inchiostro
16,1x 25 cm.
Fondazione Il Correggio

Il giorno 3 novembre 1522 il Correggio firmò il contratto con i Fabbriceri del Duomo di Parma in cui si impegnava a dipingere la cupola, che aveva una superficie di centocinquanta pertiche quadrate, un'estensione colossale. Egli intendeva proporre un affresco illusionistico eccezionalmente complesso con l'Assunzione della Vergine a cui la chiesa era dedicata e nei pennacchi quattro grandi conchiglie che racchiudevano i quattro santi protettori della città. Per far comprendere le sue intenzioni ma anche per chiarirle a se stesso eseguì numerosissimi disegni, probabilmente un modello in scala della cupola e dei modelli in cera o creta delle figure, che sospese in aria con fili per poterli disegnare da molteplici punti di vista. Lo studio per il parapetto della cupola della cattedrale di Parma, che viene qui esposto, ci fa meglio comprendere i metodi di lavoro del Correggio; è un disegno che cerca di risolvere a livello di progetto l'integrazione di una finestra con l'affresco. Un problema che lo impegnò molto era, infatti, costituito dal fatto che ciascuno degli otto lati di base della cupola era interrotto da una grande finestra circolare. Pose su un cornicione marmoreo giganteschi Apostoli, in piedi, nell'atto di salire un'immaginaria scalinata, che porta al sepolcro della Vergine, simboleggiato dalla chiesa stessa, vista come collegamento tra terra e cielo. Dietro agli Apostoli realizzò un parapetto interrotto dagli otto grandi ovuli, su cui siedono in pose diverse giovani efebi che reggono candelabri, patere, navicelle e arbusti. Questa zona rappresenta ancora l'area terrena sovrastata, dopo uno stacco di cielo, da una gloriosa e inesauribile schiera di angeli musici che intrecciano una danza scompigliata.
Il foglio è un disegno a sanguigna con penna e inchiostro, con quadrettatura e con due linee angolate che definiscono i limiti della faccia ottagonale della cupola. Tra le otto basi dell'ottagono si riferisce a quella con un maggior numero di figure, che appaiono quindi più scompigliate. Confrontando la parte dell'affresco che lo riguarda si nota che, in corso d'opera, il Correggio fece alcuni aggiustamenti dovuti alla forma della cupola. Il foglio, già conosciuto tramite un'incisione del XVIII secolo, ha sul verso uno studio di architetture a sanguigna.

top

Bibliografia: David Ekserdjian, Correggio, Milano, Silavana Editoriale, 1997; Eugenio Riccòmini, Le Corrège: un visage du Christ, in L'oeil, 454, 1993; Idem, Il Museo Civico di Correggio, Milano, Electa, 1995; Mario di Giampaolo, Correggio disegnatore, Milano, Silvana Editoriale, 2001

Da Correggio allo spazio illusionistico barocco e rococò

La pittura di Antonio Allegri (1489- 1534), detto il Correggio, vissuto appartato quasi sempre fra Parma e Correggio, la cittadina natale da cui prende il nome, è l'esempio più illustre di quanto sia grande il potenziale creativo della cosiddetta "provincia italiana" e di quanto l'arte nazionale ed europea abbia beneficiato di simili apporti. Svincolato da un confronto diretto con altri grandi maestri, lontano da Venezia e da Firenze, Correggio propone una "terza via" per gli sviluppi del Rinascimento. La sua formazione avviene a Mantova, negli ultimi anni di vita del Mantegna, di cui allestisce la cappella funeraria in Sant'Andrea. Su questa prima esperienza innesta, con grande capacità critica, stimoli leonardeschi e veneziani. La Madonna con Bambino e San Giovannino del Prado, del 1516, è un omaggio evidente alla Vergine delle Rocce di Leonardo. La sua pittura, dai colori dolcemente dorati, richiama Raffaello. Ha modo di approfondire la conoscenza di Raffaello e di Michelangelo con un viaggio di studio a Roma intorno al 1518. Nella sua carriera esegue molte opere di soggetto religioso. Opere di grande coinvolgimento emotivo grazie alla dolcezza delle espressioni (Madonna di San Gerolamo, 1523) e al dinamismo della composizione. Nella Deposizione del 1520-24 dimostra una insuperata capacità di rendere fortemente drammatiche le rappresentazioni. Tra le pale d'altare emerge La Notte di Dresda del 1529-30, con la celebre invenzione correggesca dell'illuminazione notturna, che venne rielaborata dallo stesso Rubens nell'Adorazione dei pastori per la Chiesa di San Filippo Neri a Fermo.

Al Correggio si devono opere capitali per lo sviluppo dell'arte italiana ed europea ad iniziare dalla Camera della Badessa nel convento di San Paolo (1519). Nell'itinerario artistico del Correggio gli affreschi della Camera di San Paolo appaiono come un'accelerazione improvvisa, come qualcosa di nuovo e di diverso rispetto a tutta l'opera precedente. La Camera di San Paolo faceva parte dell'appartamento della Badessa del Monastero di San Paolo, Giovanna Piacenza, che richiese uno spazio che rispecchiasse la cultura umanistica di tipo erudito-archeologico della sua cerchia di amici. La volta della camera è impostata su sedici lunette dipinte a monocromo, divise da costoloni, che si riuniscono attorno ad un rosone dorato in cui è scolpito, in legno, lo stemma della Badessa; nel complesso si ha l'idea di un grande pergolato scenografico su cui si aprono ovati con figure di putti, in atteggiamenti vari.

top

Un ulteriore progresso furono gli affreschi di San Giovanni Evangelista (1520-23). Hanno per soggetto la Visione di San Giovanni basata sull'Apocalisse: "Ecco, viene con le nuvole; e ogni occhio lo vedrà, anche coloro che lo hanno trafitto: e su lui faranno lamento tutte le tribù della terra" (Apocalisse,I,7). Il pittore aderisce ad una antica tradizione padana collocando, al centro della cupola, il Pantocratore, come ad esempio nella Cupola orientale di San Marco a Venezia, ma nello stesso tempo attua una geniale innovazione nell'inserire, in modo spettacolare, lo stesso San Giovanni, gli apostoli e i cherubini, utilizzando e rielaborando le invenzioni formali del Mantegna, di Raffaello e di Michelangelo. I colori bruniti degli apostoli, le nubi ruotanti dei cherubini creano un crescendo vorticoso in un progressivo alleggerirsi dei pesi e chiarificarsi dei toni fino a giungere al vertice, ove è un Gesù candido, circondato da fulgida luce. La cupola di San Giovanni è il più chiaro lascito dell'esperienza romana. La figura del Cristo vista in splendido isolamento contro un anello dorato di teste di cherubini ha come precedente la Trasfigurazione di Raffaello, la prestanza fisica degli apostoli suggeriscono la consapevolezza degli ignudi della Sistina, lo sfondamento delle cupola, come se attraverso essa vedessimo un cielo libero, rimanda alla pittura illusionistica del Mantegna della Camera degli Sposi e di Melozzo da Forlì della cupola di Loreto. Ma la conoscenza dell'opera di questi maestri non diminuisce l'invenzione del Correggio. Eliminando completamente le strutture architettoniche, che tradizionalmente suddividevano, incorniciandolo, lo spazio pittorico crea una tipologia del tutto nuova, molto più libera rispetto alle convenzioni rinascimentali e gravida di conseguenze per il futuro, anticipando clamorosamente le grandi opere decorative dei due secoli successivi.

Nel Duomo di Parma, con l'Assunzione della Vergine (1526-30) il Correggio realizza il suo capolavoro, la sua fantasia prodigiosa tocca il momento più alto. Il Correggio dà consistenza ad una visione celeste, utilizzando un discorso in verticale che sfrutta abilmente il contrasto fra la concretezza della chiesa e l'altezza della cupola. L'illusionismo prospettico raggiunge uno dei risultati più alti, l'artista riesce a creare un moto ascensionale molto accentuato rispetto alla decorazione di San Giovanni, ottenuto con la spirale delle molte figure galleggianti su nubi, sempre leggere e sempre più inconsistenti via via che salgono verso la luce divina. La libertà compositiva, il potente effetto illusionistico, il trascinante effetto rotatorio di vortice di forme, intrise di luce dorata sono un'assoluta novità e costituiscono un superamento della stessa cultura romana. Le figure di Michelangelo alla Sistina sono infatti fermamente assise su sedili di pietra contornate da un sistema di cornici, archi, pilastri, che contengono un'ulteriore partitura di tondi e di quadri. Il Correggio supera tutte le convenzioni adottate dai suoi predecessori e crea l'insuperato modello per le grandi visioni barocche, anticipando di un secolo le produzioni romane.

top

La serie Gli amori di Giove, tratti dalle "Metamorfosi" di Ovidio, commissionati da Federico Gonzaga, si colloca ai vertici della pittura mitologico-sensuale del Rinascimento. L'artista rendel'erotismo nascosto perché Giove appare sotto forma di cascata d'oro, di nube, di aquila, di cigno. Numerosi elementi spingono a considerare i quattro grandi dipinti mitologici come suo testamento artistico; stadio finale e punto più alto di un lungo e incredibilmente rapido percorso artistico che il pittore compì in poco più di vent'anni.

Si stenta a credere che i suoi capolavori siano stati realizzati tra il 1519 e il 1530, in pieno Rinascimento maturo, in un periodo in cui Michelangelo Buonarroti non aveva ancora dipinto Il Giudizio Universale. I suoi grandi lavori ad affresco, infatti, contrastano con la nostra idea dello spazio rinascimentale perfettamente finito, delimitato, misurabile. Al contrario, nelle sue cupole, esprime uno spazio incommensurabile, infinito, vi è la soppressione della delimitazione dello spazio con partiture architettoniche e la creazione di uno spazio pittorico orchestrato in una mobilità atmosferica di forme, luce, colore che annulla la realtà fisica dello spazio architettonico per un "illusionismo visionario". Immagina di aprire la cupola verso il cielo, una concezione che sarà poi ripresa solo in età barocca. Ma presso gli intenditori d'arte e gli artisti del Barocco, anche dallo stesso Rubens, ancor più vennero apprezzati e studiati i suoi nudi muliebri e le sue opere di soggetto religioso.

Nella pittura barocca e rococò la forza del suo esempio verrà continuamente riproposto. Nel Seicento, infatti, si afferma, accanto all'orientamento realista di Caravaggio e a quello classicista di Annibale Caracci, un linguaggio pittorico estroso e spettacolare, una pittura illusionistica che recupera gli insegnamenti del Correggio. Questa pittura ha il fine di celebrare il potere della chiesa trionfante della Controriforma o il potere e la ricchezza del committente, che spesso è un principe, creando opere spettacolari che coinvolgono emotivamente l'osservatore, suscitando in lui stupore e meraviglia. I principali esponenti della pittura illusionistica, attivi soprattutto a Roma al servizio della Chiesa, sono il parmense Giovanni Lanfranco (1582-1647), Pietro da Cortona (1596-1669), Giovanni Battista Gaulli e il trentino Andrea Pozzo. Il fenomeno ebbe amplissima diffusione in Italia ed in Europa e arrivò ad interessare anche gli artisti che operarono in Tirolo fino al '700 inoltrato e che ancora si rifanno espressamente all'esempio del Correggio.

top