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Presentato dall'assessore Bizzo il Piano per la parità di genere elaborato dall'Astat

Sono stati presentati per la prima volta oggi (17 luglio) i dati statistici sulla proporzione fra donne e uomini nei rispettivi servizi della Provincia ai sensi della LP n.5/2010. Bizzo: “Grazie a questi dati raccolti dall’Astat ora disponiamo di un quadro della situazione sulle pari opportunità in merito agli aspetti di genere. In base ai dati acquisti saranno predisposti i Piani per la parità che aiuteranno a rimuovere eventuali sottorappresentanze di genere”.

Presentato dall'assessore Bizzo il Piano per la parità di genere

“Grazie alla LP 5/2010 e all’esatta definizione delle categorie secondo le quali i dati devono essere raccolti, a partire da oggi siamo in grado di controllare annualmente lo sviluppo e la giusta rappresentanza dei generi nella pubblica amministrazione.

I Piani per la parità, che in base a questi dati verranno predisposti, ci consentiranno poi di rimuovere sottorappresentazioni, come ad esempio spesso si verificano nel conferimento degli incarichi dirigenziali. Con oggi, pertanto, disponiamo di un banca dati preziosissima"ha osservato la prima firmataria della LP 5/2010 ed assessora regionale Martha Stocker.

“L’ amministrazione provinciale garantisce pari accessibilità e opportunità al lavoro, la retribuzione avviene secondo meccanismi equi ed anche i modelli di lavoro, di orario e le forme di organizzazione sono uguali per entrambi i generi” ha affermato l’assessore provinciale al lavoro, Roberto Bizzo “Nonostante ciò, analizzando bene i dati rilevati ci sono diversità di genere, anche per quanto riguarda il salario”.

Dai dati elaborati dall’Astat  si evince che la Provincia promuove la forza lavoro femminile e, nella sua qualità di datore di lavoro, favorisce la conciliazione famiglia e lavoro, dando varie possibilità ai propri dipendenti. Le donne sono il 67% della forza lavoro dei dipendenti provinciali, ma solo il 28% dei dirigenti è donna, l’8 % delle quali lavora a tempo parziale, mentre un unico collega maschile ha optato per questo modello lavorativo. La proporzione si riflette in maniera ancora più evidente sui restanti dipendenti: infatti, il 47% delle donne lavoratrici lavora a tempo pieno mentre solo il 12 % degli uomini lavora a tempo parziale.

“Questa situazione riflette esattamente il nostro modo di pensare: perché il motivo principale per il quale un dipendente sceglie un modello di lavoro a tempo parziale è quasi sempre la cura di parenti o l’educazione dei bambini e, infatti, il 53% dei dipendenti provinciali sono donne che lavorano a part-time.

 La conseguenza che si può dedurre è semplice, e cioè che l’educazione e la cura rimangono prevalentemente a carico delle donne, le quali rinunciano ad una assunzione a tempo pieno, accettandone anche tutte le conseguenze. Diversamente, ben l’88% dei dipendenti maschi lavora a tempo pieno. Una situazione che effettivamente è da ripensare” ha sottolineato nel corso della conferenza stampa la consigliera di parità, Simone Wasserer.

Stesso discorso vale anche per le assenze dei dipendenti a causa di malattia dei bimbi ovvero per cura. “Di fronte a questo quadro è evidente quanto sia importante che i datori di lavoro, sia privati che pubblici, e, in questo contesto, compresa l’amministrazione Provinciale, metta a disposizione dei dipendenti misure di conciliazione famiglia e lavoro” ha sottolineato l’assessore al lavoro e alle pari opportunità Roberto Bizzo “Proprio l’amministrazione Provinciale, che sulla carta vanta molte di queste misure, tuttavia, nel concreto viene poi spesso superata dai datori di lavoro privati, sia perché di queste misure non viene data sufficiente informazione, sia perché in alcuni ambienti lavorativi il fatto di fruire di misure di conciliazione viene considerato poco “opportuno”, in particolare quando a farne richiesta sono gli uomini.

E’ evidente che sul versante dell’accettazione culturale debba essere fatto ancora molto. Dobbiamo impegnarci tutti per fare sì che avvenga questo cambiamento di mentalità. E’ ora che anche gli uomini contribuiscano al lavoro di cura e di educazione, in modo tale che ci possa essere una qualità della vita più equa ed equilibrata per tutti i familiari.”

Analizzando le singole condizioni di lavoro si nota che, nonostante più della metà dei dipendenti siano donne, una percentuale maggiore di queste ultime siano precarie: infatti, il 72% ha un contratto a tempo indeterminato contro l’81% degli uomini; il 10% delle donne lavora in base ad un concorso o selezione a tempo determinato contro il 4% degli uomini.

Una differenza netta emerge dallo studio condotto dall’Astat anche per quanto riguarda la distribuzione tra i generi delle professioni esercitate; anche qui si notano l classici schemi mentali con una forte presenza di donne nei settori sociali, specialmente nell’ambito della scuola e dell’educazione. Rimangono invece prevalentemente maschili i comparti tecnici, come ispettore tecnico del lavoro, vigile del fuoco, ispettore forestale, etc.

Ed infine, anche nella retribuzione sono state evidenziate dallo studio delle divergenze di genere: la differenza sull’ammontare la fanno il ricorso alle ore straordinarie nonché dall’indennità di missione, ambedue più frequentemente fruite dai dipendenti maschi.

L’assessore Bizzo ha quindi concluso l’esposizione sottolineando che “Grazie ai dati statistici, che da ora in poi saranno soggetti a verifica annuale, si riuscirà ad incidere sugli svantaggi di genere unilaterali per giungere, negli anni a venire, ad un trattamento giusto ed eguale per tutti i dipendenti, in particolare per quanto concerne la copertura degli incarichi dirigenziali”.

 

 

FG

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