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Bizzo: "Dati confortanti riguardo alla disoccupazione giovanile in Alto Adige"

La disoccupazione giovanile ed il precariato sono stati al centro della conferenza stampa odierna organizzata a Palazzo Widmann dall’assessore provinciale al lavoro, Roberto Bizzo. Vi hanno preso parte il direttore della Ripartizione lavoro, Helmuth Sinn, ed il direttore dell’Osservatorio del mercato del lavoro, Stefan Luther.

L'assessore Bizzo nel corso della conferenza stampa odierna

“In provincia di Bolzano vivono circa 85 mila giovani tra i 15 e 29 anni, 47 mila dei quali fanno parte delle forze di lavoro, di cui 3 mila sono gli apprendisti nel sistema duale.

Altri 32 mila sono in formazione scolastica o universitaria e 5 mila non risultano né essere iscritti a qualche corso scolastico o universitario, né lavorare e neanche cercare lavoro, come ad esempio giovani madri e casalinghe” ha spiegato all’inizio della conferenza stampa l’assessore Roberto Bizzo, copetente sul lavoro in Giunta provinciale, ed ha aggiunto “Va comunque specificato che tra questi ultimi, che comunemente vengono definiti “Neet” cioè persone “Not in employment, education or training” vi sono complessivamente circa 2000 donne con almeno un figlio al di sotto dell’anno d’età e persone con gravi disabilità, quindi il numero reale di “Neets” si aggira intorno alle 500 unità”.

Da sottolineare in particolare il dato statistico secondo il quale la disoccupazione giovanile in Alto Adige, nella fascia compresa tra i 15 ed i 24 anni, con una percentuale del 6,4% è la più bassa a livello nazionale a fronte del 15,1% della provincia di Trento, il 16,7% della Valle d’Aosta, il 22,4 dell’Emilia Romagna o i casi drammatici delle regioni meridionali dove si raggiungono anche percentuali  che superano il 40%.

La suddivisione tra formazione, lavoro e altro, cambia notevolmente a seconda dell'età. Tra i giovani sotto i 20 anni prevale la formazione scolastica e in parte duale, tra i 20 e 24 anni oltre la metà dei giovani lavora e una buona parte degli altri va all'università. Tra i 25 e 29 anni prevale invece la scelta lavorativa che raggiunge quasi i livelli tipici della popolazione in piena età lavorativa. Tra i 15 e 30 avviene dunque la trasformazione da giovani studenti in giovani lavoratori.

Questo passaggio piuttosto obbligato non avviene sempre in modo indolore: la scarsa maturità professionale, le alte aspettative lavorative, l'esperienza lavorativa che dev'essere ancora accumulata fanno sì che una parte dei giovani registri difficoltà nell'inserimento professionale, caratterizzato anche dalla maggiore presenza di rapporti di lavoro precari rispetto a lavoratori con maggiori esperienze lavorative.

Ciò lo si può osservare anzitutto dal tasso di disoccupazione che cresce con l’aumentare dell’instabilità dei rapporti di lavoro e anche con l’aumentare del tempo necessario a trovare un primo o nuovo lavoro.

Effettivamente il tasso di disoccupazione tra i giovani è solitamente più elevato che tra i lavoratori più esperti. “Di norma” ha aggiunto il direttore della Ripartizione lavoro, Helmuth Sinn “il numero dei giovani disoccupati è almeno doppio rispetto a quello della popolazione in generale e si tratta di un fenomeno legato alla ricerca del primo lavoro che in termini tecnici viene definito spesso come disoccupazione frizionale”. Negli ultimi 5 anni il tasso di disoccupazione tra le giovani forze di lavoro con meno di 20 anni era pari all'8%, tra i giovani tra i 20 e 25 anni era del 6% e tra i 25-29enni era già al 3-4%, mentre tra le rimanenti forze di lavoro era del 2%.

Il tasso di disoccupazione più elevato tra i più giovani si riscontra più o meno nella stessa proporzione da almeno 25 anni. Anche facendo confronti con le altre regioni italiane ed europee si può osservare tale fenomeno, anche se molto spesso a livelli più elevati, a volte anche molto più elevati.

Infatti a livello europeo, il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) è mediamente il doppio rispetto a quello complessivo: in alcuni Paesi – come la Germania – meno del doppio, in altri Paesi – come l’Italia – più del doppio. La ridotta esperienza lavorativa dei giovani presenti sul mercato del lavoro si ripercuote non solo sui tassi di disoccupazione che sono più elevati della media, ma anche sulle forme contrattuali meno stabili che solitamente, con l’accumularsi dell’esperienza, tendono ad essere sostituite con contratti più ambiti.

Facendo riferimento ai 24-enni residenti da almeno 10 anni in provincia (per i quali è nota la completa biografia lavorativa – perlomeno in ambito dipendente) si osserva che tra il 2008 e il 2011 in media il 68 % di loro ha un lavoro a tempo indeterminato e il 32% a tempo determinato. La percentuale che lavora con contratto a progetto o “a chiamata” corrisponde al 3%.

Vi sono però notevoli differenze a seconda dell’esperienza lavorativa maturata. Infatti, guardando nel dettaglio trova conferma l’idea che il contratto a tempo indeterminato sia più diffuso tra coloro che abbiano una maggiore esperienza lavorativa rispetto a chi sia appena entrato nel mercato del lavoro.

Un'ulteriore differenza riguarda il settore economico: suddividendo i 24-enni secondo questo criterio si notano soprattutto due settori dove i contratti a tempo indeterminato sono nettamente meno frequenti a parità di esperienza lavorativa: il settore degli alberghi e della ristorazione per motivi legati alla stagionalità del turismo e il settore pubblico per motivi legati alle politiche di assunzione.

“I dati sui lavoratori dipendenti 24-enni” ha rilevato il direttore dell’Osservatorio del mercato del lavoro, Stefan Luther, “suggeriscono che le forme contrattuali si stabilizzano dopo 3-4 anni di lavoro, pertanto è interessante osservare cosa avviene nei primi tre anni di presenza nel mercato del lavoro, indipendentemente da quale età si inizi a lavorare. In particolare è interessante confrontare per ciascun giovane lavoratore la forma contrattuale nella fase iniziale della carriera lavorativa con la forma contrattuale dopo qualche anno di lavoro.

In tal modo, confrontando la condizione occupazionale dopo 12 mesi e dopo 36, si osserva la tendenza a mantenere la tipologia contrattuale o a sostituirla con un contratto a tempo indeterminato: normalmente dopo complessivi 3 anni di permanenza nel mercato del lavoro solo l’1-2% è iscritto nelle liste dei disoccupati (a parte la disoccupazione stagionale del settore turistico) e 1-2% lavora come interinale co.co.pro. o a chiamata”.

In sostanza dalla conferenza stampa è emerso, a più riprese, che la disoccupazione giovanile, in realtà, non rappresenta una “emergenza” a livello provinciale anche alla luce dei dati percentuali e della tendenza ad un progressivo assorbimento dei giovani nel mercato del lavoro. Secondo i relatori il vero problema sarà rappresentato in prospettiva dai lavoratori della fascia d’età compresa tra i 50 ed i 55 anni che una volta usciti dal mercato del lavoro, magari a causa di ristrutturazioni e della crisi economica complessiva, trovano serie difficoltà di ricollocamento lavorativo.

Le tematiche dell’occupazione giovanile e delle difficoltà di inserimento dei giovani nel mercato del lavoro locale sono state trattate in maniera approfondita da due numeri del periodico “Mercato del lavoro news”, edito dall’Osservatorio del mercato del lavoro, dedicate specificatamente a questi argomenti. Il primo dal titolo “Le difficoltà dei giovani nel mercato del lavoro” è uscito nel dicembre 2011 ed il secondo in concomitanza con la conferenza stampa odierna sul tema “Esperienza lavorativa e condizioni occupazionali dei giovani lavoratori”.

 

FG

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