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L’autonomia e i masi – dal maso chiuso al maso avito

Il maso Lobis sul Renon nel 1941. Ottenne il titolo di maso avito nel 1988, Archivio fotografico Mario e Benjamin Geat, n. 763.

I masi esercitarono un ruolo economico e sociale fondamentale all’interno della regione del Tirolo, ossia in un’area che fino alla prima metà del XX secolo era fortemente agricola. A parte alcune zone in cui prevaleva la divisione reale, fin dal XVIII secolo si applicava il cosiddetto diritto di successione di un possesso rurale ad un erede unico: soltanto uno dei legittimi eredi poteva ereditare il maso, mentre gli altri, in particolare i fratelli e le sorelle, dovevano “ritirarsi” dopo aver riscosso una somma di denaro, tale da evitare una frammentazione del bene immobile. Così veniva di solito assicurato il sostentamento economico al nucleo familiare dell’erede del maso, mentre gli altri eredi erano costretti ad andare a servizio come braccianti o a trasferirsi in città.

 La legge sui rapporti giuridici del maso chiuso, emanata in Tirolo nel 1900, la quale stabiliva che l’intera proprietà fondiaria potesse essere ereditata dal primogenito o – in assenza di eredi maschi – dalla primogenita, doveva rafforzare e proteggere soprattutto la classe media rurale, spina dorsale economica del territorio.

In Alto Adige, dal 1919 parte del Regno d’Italia, il diritto di lascito di un possesso rurale a un erede unico e l’istituto giuridico del maso chiuso furono aboliti nel 1929 con l’adozione del Codice di diritto civile. Il regime fascista auspicava in tal modo una parcellizzazione delle strutture agricole fortemente consolidate, ma benché fosse ora ammessa la divisione reale tra tutti gli eredi legittimi, molte famiglie mantennero il tradizionale costrutto giuridico del maso chiuso.

In virtù delle competenze acquisite con il primo Statuto d’autonomia del 1948, la Giunta provinciale adottò già nel 1954 un’apposita legge sui masi che richiamava fortemente quella del 1900 e reintroduceva l’istituto del maso chiuso. La struttura rurale tradizionale poté così essere protetta dalla frammentazione su larga scala.

Nella seconda metà del XX secolo, i proprietari di masi furono messi davanti a nuove sfide, questa volta non prettamente di natura giuridico-politica, bensì dovute alle trasformazioni sociali e al crescente esodo dalle campagne. La città era resa allettante dalla prospettiva di una vita più confortevole e con migliori mezzi di sostentamento. Ora spesso non si poneva più la questione di quale figlio o figlia avrebbe assunto la conduzione del maso, bensì se vi fosse ancora un erede disponibile ad accettare questo compito.

Probabilmente anche per dare un segnale e conferire il giusto riconoscimento all’attaccamento allo stile di vita rurale, nel 1982 la Giunta provinciale decise di introdurre, sulla scorta di una novellazione della legge sui masi, l’attestazione di maso avito, che nel Tirolo settentrionale esisteva già dal 1932.

Questi masi, che devono essere rimasti per almeno 200 anni ininterrottamente in possesso della stessa famiglia, ottengono presentando un’apposita domanda a cui fa seguito una ricerca storica, il titolo di maso avito, attribuito con decreto della Giunta provinciale. Ai proprietari dei masi, onorati nel corso di cerimonie pubbliche, viene consegnato l’apposito certificato e una targa in metallo, da appendere sulla facciata del maso. Dal 1982 ben più di 1100 masi hanno ottenuto il riconoscimento di maso avito.

MP

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