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Incentrato sul “Lavoro a chiamata“ il nuovo numero di “Mercato del lavoro news”

A fine agosto 2010 in provincia di Bolzano poco più di 6 000 persone avevano un lavoro a chiamata, pari a circa il 3% di tutti i lavoratori. Tra loro, 1 600 erano di età compresa tra 25 e 55 anni e non avevano altra occupazione retribuita.

Il lavoro a chiamata, noto anche come job on call, è stato introdotto con la riforma Biagi nel 2003 e ha subito nel corso degli anni continue modifiche legislative. Dal punto di vista normativo, si trattava e si tratta tuttora di una forma contrattuale utilizzata in diversi settori e concernente attività “instabili”, in cui momento e durata degli incarichi sono indeterminati. Il lavoratore non è occupato in modo continuativo, bensì solo periodicamente e si assume quindi tutto il rischio delle oscillazioni occupazionali e di reddito.  

”Per i giovani lavoratori la formula del “lavoro a chiamata” può rappresentare una buona opportunità per entrare nel mondo del lavoro, magari per pagarsi gli studi” dichiara l’assessore provinciale al lavoro, Roberto Bizzo “ma anche per i lavoratori più anziani il “job on call” può rappresentare un'integrazione alla pensione e consentire un passaggio più fluido verso la pensione stessa”.

Si calcola che le 1600 persone di età compresa tra 25 e 55 anni che lavorano esclusivamente a chiamata equivalgono solo a circa 300 unità di lavoro a tempo pieno. Queste persone sono esposte ai rischi legati ad oscillazioni per quanto riguarda sia l’occupazione che il reddito.

“Nel caso del contratto di lavoro a chiamata vi è una significativa prevalenza del tempo nel quale il lavoratore è solo “a disposizione” del datore di lavoro ed attende di essere chiamato a prestare la propria opera” sottolinea il direttore della Ripartizione lavoro, Helmuth Sinn.

In base al forte ricorso registrato negli ultimi 3  - 5 anni al lavoro a chiamata si evidenziano dei dati che potrebbero essere scambiati per un aumento dell’occupazione che in realtà non si verifica.

“Per questa ragione” sottolinea il direttore dell’Osservatorio del mercato del lavoro, Stefan Luther “dal prossimo gennaio i dati riguardanti il lavoro su chiamata non confluiranno più nelle statistiche standard riguardanti il lavoro dipendente”.

FG