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Omicidio colposo a Roma tra il seguito del cardinale Andrea d’Austria

Zur enntleibunng des Georg Morizen freyherrn zu Spaur und Valör

Lodo arbitrale di Lucas Römer (Archivio Welsperg-Primör, Nr. 121)

I figli di Ferdinando II reggente del Tirolo e di Philippine Welser, esponente della borghesia di Augusta, erano inizialmente esclusi dalla successione del titolo principesco e dall’eredità a causa del matrimonio morganatico dei genitori (più tardi entrarono in possesso, tra l’altro, del langraviato di Nellenburg, nel quale, tra il resto, i Conti di Welsperg, che sono anche l’oggetto di questo articolo, agirono come avvocati nel XVII-XVIII secolo). Ferdinando dovette quindi adoperarsi fin da subito per far sì che ai suoi discendenti fossero assicurati adeguata educazione e patrimonio, ma ciò si rivelò molto difficile nelle trattative con i suoi fratelli e con il nipote, l’imperatore Rodolfo. La carriera ecclesiastica era sempre stata un’opzione usuale e sicura per la nobiltà, a cui poteva essere destinato anche Andrea (1558-1600), il primogenito di Ferdinando.
Già nel 1576 fu nominato cardinale di S. Mariae novae. Subito dopo si preparò a recarsi a Roma, accompagnato da un seguito di 120 persone, tra cui trenta nobili. Il 24 aprile 1577 arrivò nella Città Eterna, dove rimase per due anni interi. Tuttavia, il suo soggiorno, finanziato dalla camera tirolese, si tradusse in una spesa molto ingente. Questo rese la sua permanenza molto più difficile. Inoltre, il comportamento di Andrea sul palcoscenico romano non fece sempre onore a sé stesso e al suo status e anche la reputazione della Casa d’Austria ne risentì.
Tra le altre cose, aveva ucciso lo scalco del cardinale, Christof (il più giovane) di Welsperg - per inciso il padre del futuro principe vescovo Wilhelm -  un altro esponente del seguito di Andrea, il barone Georg Moritz Spaur, in una lite in Piazza San Pietro il 19 aprile 1578. Spaur fu sepolto al Campo Santo il giorno seguente.
La disputa tra le due famiglie tirolesi si protrasse per più di un anno prima che le parti trovassero un accordo in nome della nobile amicizia e finalmente il 5 maggio 1579 fu emesso il lodo arbitrale (guetigen vertrags) di Lucas Römer, capitano all’Adige. Il fatto che il colpevole se la cavò con relativa clemenza è dovuto principalmente al fatto che il reato fu considerato accidentale, cioè non intenzionale, e che l’intera famiglia Welsperg avanzò una richiesta di perdono, che fu accettata dalla famiglia della vittima.
Christof di Welsperg doveva professare il proprio pentimento sotto guida spirituale ed esimersi da qualsiasi contatto con i parenti della vittima.
Così si conclude il lodo: Damit sollen also bayde herrn vnnd partheyen fir sich selbs vnnd jnnamen jrer mituerwonnten vnnd baide adeliche freunndtschafften dieser entleubung vnnd derowegen gehabter ausprachenhalben vnnd was darinen beruert, nichts ausgenomen mit diesen guettigen vnd freundlichen spruch vnd vertrag auf ain stätts, ewigs ende mit einander veraint, verglichen, enntschiden vnnd vertragen sein vnd bleiben, solliches auch furtterhin ainer gegen dem andern nit mer anten, äfern noch rechnen, sonnder in ain ewigs vergessen stölln. (Pertanto, i signori e le parti, per se stessi e in nome dei loro co-beneficiari e degli altri amici aristocratici, saranno vincolati da questa disconferma e dagli accordi presi per questo motivo e da quanto in essa contenuto, nonostante questa buona e amichevole sentenza e trattato, siano e rimangano reciprocamente concordati, confrontati, in disaccordo e riconciliati per una volta e per l’eternità, e per il momento nessuno dei due debba proseguire a sanzionare, ripetere o recriminare contro l’altro, ma sia dimenticato per l’eternità.)

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