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Risultati dello studio sulla famiglia in Alto Adige
Una ricerca per documentare, a dieci anni dal primo studio sulla famiglia in Alto Adige, l’attuale situazione locale e offrire indicazioni sullo sviluppo delle politiche di welfare in Alto Adige: questo l'obiettivo della Provincia nel commissionare lo studio “Dinamiche familiari e bisogni sociali“, presentato oggi (mercoledì 9) a Bolzano in un convegno dall'assessore provinciale al Servizio sociale Richard Theiner e dagli autori.

"In un periodo nel quale la struttura familiare si modifica insieme alla società - ha detto tra l'altro l'assessore Theiner nel suo intervento - è fondamentale avere a disposizione dati precisi per poter sviluppare un’efficace politica a sostegno della famiglia. La ricerca effettuata convalida le scelte operate dalla Provincia nell’assistenza ai bambini inferiori ai tre anni." Theiner ha inoltre ricordato che di recente ha presentato in Giunta provinciale "un articolo di legge che, in modifica delle attuali norme giuridiche per l’assistenza ai bambini, prevede il riconoscimento ufficiale dei micro nidi e la loro connessione la rete delle strutture per i minori, allo scopo di sostenere le famiglie nelle quali entrambi i coniugi lavorano".
Secondo i curatori dello studio, le donne mostrano di preferire il sostegno della rete parentale alle soluzioni di mercato, così come appaiono maggiormente orientate verso un welfare pubblico, universalistico e con servizi efficienti. Attraverso 500 interviste lo studio sulla survey sociodemografica in Alto Adige prende in esame due generazioni di donne e madri – 26-30enni versus 36-40enni – per registrare i grandi mutamenti filtrati anche nelle famiglie dell’Alto Adige. A soli 10 anni di distanza, si legge infatti nella ricerca, l’età dei matrimoni nelle ventenni altoatesine si è posticipato di oltre 3 anni e così anche la nascita del primo figlio, mentre si sperimentano nuove forme di convivenza.
In sintesi lo studio delinea la richiesta in Alto Adige di un modello di sistema dei servizi sociali che sia gestito dal pubblico e attuato con un principio di compartecipazione ai costi da parte degli utilizzatori, che non si occupi solo delle frange più marginali dei bisogni, che investa con la sua azione interi target di popolazione, che si sviluppi soprattutto nei settori dei minori ma anche degli anziani e della disabilità, che faciliti la cura dei figli partendo da un assegno alle madri che non vanno al lavoro perché vogliono prendersi cura dei piccoli, che infine supporti le iniziative delle imprese verso orari di lavoro più flessibili e un’ampia opportunità di part time.
Riguardo alle politiche familiari, la ricerca evidenzia che la coppia e la soglia del secondo figlio sono tratti fondanti dell’idea di famiglia nelle donne intervistate, quindi possibili elementi di convergenza fra misure “macro” di sostegno alle famiglie da parte dell’ente pubblico e strategie “micro” legate alle decisioni dei singoli. Altro elemento di convergenza fra le due tipologie di interventi è la volontà delle donne altoatesine di conciliare il ruolo di mamma con il lavoro: ma se l’avere un lavoro favorisce la decisione di creare una famiglia, diventa però anche un vincolo per la donna al momento della scelta se mettere al mondo figli.
I fatti registrati nella ricerca dimostrano che in Alto Adige è la nascita del primo figlio ad aver determinato in quasi la metà dei casi la rinuncia al lavoro o il passaggio al part-time e in un quinto dei casi la rinuncia alla carriera. Il dato suggerisce ai responsabili politici l’opportunità di concentrare il sostegno alla famiglia più sull’evento della nascita del primo figlio che non sul successivo, perché è il primo a condizionare maggiormente le strategie professionali e occupazionali della donna.
L’opzione “servizi sociali” – rispetto al contributo monetario – è preferita dal 73% delle intervistate residenti in città (Bolzano e Merano) e comunque dal 57% delle donne residenti nel resto del territorio.
pf